Tenere uno sketchbook: la newsletter di Maggio

Se c’è una cosa su cui tutti, ma dico tutti, i miei insegnanti di illustrazione sono stati d’accordo è che per fare questa professione è fondamentale tenere uno sketchbook


Queste cose mi sono state ripetute in così tante declinazioni che devono essere per forza vere. Confesso però che, in realtà, da quando ho finito gli studi non sono più riuscita a tenere uno sketchbook in maniera costante.

Dedichiamo l’header di questa newsletter ai miei uccelli del malaugurio, sempre in prima linea nella mia testa

Ciao! Come avrete subodorato l’argomento di questo mese è l’oggetto sketchbook e la mia personalissima esperienza con esso. La racconto non tanto perché penso di aver fatto chissà quali progressi, ma perché la spinta a migliorare io l’ho avuta da colleghi che hanno condiviso i loro percorsi: se mai queste righe potranno motivare qualcuno, avrà avuto senso scriverle.

Partiamo dalle premesse: perché ho smesso? Inizialmente credo sia stato che, uscita dall’università, tutte le mie energie sian state focalizzate a rendermi una professionista che si può pagare affitto e bollette e sono caduta nel tranello del pensare


E che dedicarmi a attività di crescita personale fosse un po’ un lusso che non potevo più permettermi. Io poi lavoro in digitale: dopo qualche anno di inattività di sketchbook mi sono accorta che se provavo a fare anche solo uno schizzo su carta i risultati erano disastrosi. Lo so che abbiamo appena scritto che dall’errore si impara e i fallimenti aiutano e blablabla, ma i fallimenti ripetuti non vanno molto d’accordo con l’insicurezza cronica.
E dunque per anni sono caduta in questa spirale a ogni tentativo di cominciare un nuovo sketchbook.


A settembre scorso ho deciso di cambiare approccio e di affrontare questo problema a piccoli passi: se fare cose brutte mi scoraggia al punto da smettere e buttare tutto, tanto vale che cerchi di darmi qualche aiuto. Per questo ho deciso di usare prima una matita rossa per tracciare i volumi, in modo da disegnarci sopra. Ho iniziato con soggetti facili e, soprattutto, fermi.


Un altro aiuto me lo ha dato Natalie Nourigat, parlando del suo di sketchbook e raccontando il problema che noi timidi abbiamo dell’essere “scoperti” dai personaggi ritratti, cosa che ci induce a stargli molto lontani.


Nourigat ha detto che a volte lei fa disegno dal vivo in due fasi: quello dell’osservazione, in cui cerca di capire cosa del soggetto l’ha colpita maggiormente, e quello del disegno, dopo, con il soggetto ormai fuori dal suo campo visivo. Ho fatto tesoro di questo consiglio, e spesso lo adotto anche io

Sono disegni meno “dal vero” e molto più interpretati, ma il fulcro del disegno rimane esterno a te che lo fai, e questo cambia tantissimo: è comunque un disegno di testimonianza e non di fantasia.
Pian piano le cose stanno evolvendo: molto spesso già il disegno a matita è definitivo. A volte lo ritraccio comunque perché voglio allenare la mano fuori dal disegno digitale, altre lo lascio così com’è.


Il ritmo di crescita così è più lento, certo, ma considerando che per tanto tempo è stato uno zero piatto, comunque mi sento che ne vale la pena. La cosa davvero bellissima dell’aver ripreso a fare sketchbook è aver ritrovato il piacere per il processo e meno preoccupazione per il risultato: la famosa apertura all’errore. Sto facendo anche i primi disegni direttamente a penna: impressionante come la mia mano cambi totalmente! Questo è uno degli ultimi e mi piace molto anche se le proporzioni di Nicola sono tutte sballate.


Allora cosa impariamo da questa storia strappalacrime? Per me una cosa è che a volte van fatti i conti con i propri limiti e che lavorarci insieme dà più risultati che metter la testa sotto la sabbia. La seconda è che se fai questa professione devi mettere nel conteggio delle tue ore di lavoro anche la parte in cui ti eserciti per crescere. Io ci ho messo 8 anni a convincermi di questa cosa, e un po’ mi prenderei a padellate in testa.


Prima di passare alla parte dei consigli vi condivido due notizie felici. La prima è da qualche giorno è in libreria anche il secondo volume della raccolta Comics&Science: dentro c’è la mia storia EGMO: missione panino, su olimpiadi della matematica, amicizia e spuntini.


La seconda è che il mio libro è uscito in cinese! In realtà probabilmente è uscito già da un po’ di tempo, ma finalmente sono riuscita a vederne la copertina (invece mi sa che l’hanno messa su un mock-up di un’enciclopedia, perché dubito che il libro sia davvero così spesso).


E adesso che le due lingue più parlate al mondo sono coperte mi manca solo l’hindi e l’inglese per conquistare tutto il globo: ma non temete, ci stiamo lavorando.

Ma basta parlare di me
E finiamo questa newsletter sul disegno con tre consigli per chi è un po’ bloccato:

Potrebbe interessarvi leggere Sul disegnare di John Berger, un libro che parla di disegno in maniera molto teorica: dal rapporto tra artista e l’atto del disegnare, a quello tra disegno e spettatore. Affronta il significato che ha il disegno e il suo collocamento nella storia dell’arte e in relazione a pittura, scultura e fotografia.

Potreste guardare qualche video di Fran Menses, una illustratrice fenomenale che tiene un canale YouTube in cui racconta molto di questa professione. Dà anche consigli molto pratici di materiali che lei usa e fa vedere i suoi sketchbook, decisamente meravigliosi.

Se poi non siete socialmente disagiati come me potreste andare ai drawing dates con Giulia Sagramola! Li tiene una volta al mese sul suo Patreon e possono essere un buon punto di partenza per ritagliarsi dei momenti per disegnare.

Disegnate tanto! Noi ci sentiamo a fine Giugno, ciao!

fatto! Ci sentiamo a fine giugno 🙂

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